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Monte Poro

Monte Poro è un esteso altopiano di soli 710 slm, situato ad ovest del capoluogo di provincia, Vibo Valentia, e si eleva sul Tirreno tra l’Angitola, il Mesima e le Serre. Si differenzia dagli altri massicci Calabresi per il clima mite, la variegata vegetazione e la densa popolazione distribuita in piccoli paesi. L’orizzonte basso collinare della Calabria, era un tempo caratterizzato da querce da sughero (quercus suber), ed è ancora possibile vederne dei magnifici esemplari alle pendici di Monte Poro. Il Poro non è soltanto un’espressione geografica, ricca di misteri e di storia, dove la cultura contadina è rimasta viva più che in altre zone, ma è anche un’area con delle proprie peculiarità gastronomiche, tipiche dei popoli legati al mondo agro- pastorale, che lega alle sue antiche tradizioni.  Nell’area si trova una fitta pineta molto frequentata d’estate dai turisti e sede della sagra dell’ormai famoso Pecorino di Monte Poro.
Come arrivare: Si raggiunge percorrendo la statale N.18 da Vibo Valentia fino al bivio che porta a Tropea. Imboccata la strada e superato l’abitato di Mesiano, già ci si immerge in questo luogo magico, fatto di ampi spazi e panorami d’alta collina, interamente coltivati. Dopo circa 4 Km da Mesiano ecco il bivio che porta alla vetta più alta, Monte Poro (710 m).

Quercia secolare

La zona del Poro è dominata dal leccio (quercus ilex), un albero grande e longevo e selvaggio, tipicamente mediterraneo, e con un sottobosco di corbezzoli, lentisco mirto, pungitopo, erica, alloro, olivastro. Il quercus ilex è una delle due specie di querce che caratterizzano l’area mediterranea, e l’ altra è la sughera, o quercus suber. Il leccio si ritrova più diffusamente nelle aree interne, mentre la sughera è maggiormente diffusa in vicinanza del mare.
E’ possibile vedere macchie di lecci nei valloni che incidono le pendici del Poro e scendono verso la costa tropeana.

È una pianta mediterranea antichissima, le cui ghiande, dolci e commestibili, erano molto apprezzate fino ai tempi più remoti, e servivano sia per la preparazione del pane di quercia, sia erano un ottimo alimento per gli animali. Il leccio fu considerato da diversi popoli, Etruschi e Romani, albero felice o divinatorio, infatti molte foreste di leccio erano luoghi sacri. Ai tempi di Roma si credeva che il leccio fosse una pianta oracolare perché attirava i fulmini. Ma poi fu considerato un albero adatto ai funerali, perché i boschi di lecci ispiravano un’ aria triste, erano boschi impenetrabili, e rappresentavano una sorte di confine tra mondo degli umani e quello soprannaturale, che non poteva essere varcato.
Il leccio presenta foglie ovali e lanceolate, di lunghezza che arriva fino a 8 centimetri e una consistenza dura, coriaceacon un margine dentato, ma anche liscio, di colore verde scuro. I suoi frutti sono ghiande lunghe fino a 3 centimetri, e quando maturano, nella stagione autunnale insieme ai fiori, assumono un suggestivo colore marrone scuro e striato.

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Monte Poro

Monte Poro è un esteso altopiano di soli 710 slm, situato ad ovest del capoluogo di provincia, Vibo Valentia, e si eleva sul Tirreno tra l’Angitola, il Mesima e le Serre. Si differenzia dagli altri massicci Calabresi per il clima mite, la variegata vegetazione e la densa popolazione distribuita in piccoli paesi. L’orizzonte basso collinare della Calabria, era un tempo caratterizzato da querce da sughero (quercus suber), ed è ancora possibile vederne dei magnifici esemplari alle pendici di Monte Poro. Il Poro non è soltanto un’espressione geografica, ricca di misteri e di storia, dove la cultura contadina è rimasta viva più che in altre zone, ma è anche un’area con delle proprie peculiarità gastronomiche, tipiche dei popoli legati al mondo agro- pastorale, che lega alle sue antiche tradizioni.  Nell’area si trova una fitta pineta molto frequentata d’estate dai turisti e sede della sagra dell’ormai famoso Pecorino di Monte Poro.
Come arrivare: Si raggiunge percorrendo la statale N.18 da Vibo Valentia fino al bivio che porta a Tropea. Imboccata la strada e superato l’abitato di Mesiano, già ci si immerge in questo luogo magico, fatto di ampi spazi e panorami d’alta collina, interamente coltivati. Dopo circa 4 Km da Mesiano ecco il bivio che porta alla vetta più alta, Monte Poro (710 m).

Quercia secolare

La zona del Poro è dominata dal leccio (quercus ilex), un albero grande e longevo e selvaggio, tipicamente mediterraneo, e con un sottobosco di corbezzoli, lentisco mirto, pungitopo, erica, alloro, olivastro. Il quercus ilex è una delle due specie di querce che caratterizzano l’area mediterranea, e l’ altra è la sughera, o quercus suber. Il leccio si ritrova più diffusamente nelle aree interne, mentre la sughera è maggiormente diffusa in vicinanza del mare.
E’ possibile vedere macchie di lecci nei valloni che incidono le pendici del Poro e scendono verso la costa tropeana.

È una pianta mediterranea antichissima, le cui ghiande, dolci e commestibili, erano molto apprezzate fino ai tempi più remoti, e servivano sia per la preparazione del pane di quercia, sia erano un ottimo alimento per gli animali. Il leccio fu considerato da diversi popoli, Etruschi e Romani, albero felice o divinatorio, infatti molte foreste di leccio erano luoghi sacri. Ai tempi di Roma si credeva che il leccio fosse una pianta oracolare perché attirava i fulmini. Ma poi fu considerato un albero adatto ai funerali, perché i boschi di lecci ispiravano un’ aria triste, erano boschi impenetrabili, e rappresentavano una sorte di confine tra mondo degli umani e quello soprannaturale, che non poteva essere varcato.
Il leccio presenta foglie ovali e lanceolate, di lunghezza che arriva fino a 8 centimetri e una consistenza dura, coriaceacon un margine dentato, ma anche liscio, di colore verde scuro. I suoi frutti sono ghiande lunghe fino a 3 centimetri, e quando maturano, nella stagione autunnale insieme ai fiori, assumono un suggestivo colore marrone scuro e striato.

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Monte Poro

Monte Poro è un esteso altopiano di soli 710 slm, situato ad ovest del capoluogo di provincia, Vibo Valentia, e si eleva sul Tirreno tra l’Angitola, il Mesima e le Serre. Si differenzia dagli altri massicci Calabresi per il clima mite, la variegata vegetazione e la densa popolazione distribuita in piccoli paesi. L’orizzonte basso collinare della Calabria, era un tempo caratterizzato da querce da sughero (quercus suber), ed è ancora possibile vederne dei magnifici esemplari alle pendici di Monte Poro. Il Poro non è soltanto un’espressione geografica, ricca di misteri e di storia, dove la cultura contadina è rimasta viva più che in altre zone, ma è anche un’area con delle proprie peculiarità gastronomiche, tipiche dei popoli legati al mondo agro- pastorale, che lega alle sue antiche tradizioni.  Nell’area si trova una fitta pineta molto frequentata d’estate dai turisti e sede della sagra dell’ormai famoso Pecorino di Monte Poro.
Come arrivare: Si raggiunge percorrendo la statale N.18 da Vibo Valentia fino al bivio che porta a Tropea. Imboccata la strada e superato l’abitato di Mesiano, già ci si immerge in questo luogo magico, fatto di ampi spazi e panorami d’alta collina, interamente coltivati. Dopo circa 4 Km da Mesiano ecco il bivio che porta alla vetta più alta, Monte Poro (710 m).

Quercia secolare

La zona del Poro è dominata dal leccio (quercus ilex), un albero grande e longevo e selvaggio, tipicamente mediterraneo, e con un sottobosco di corbezzoli, lentisco mirto, pungitopo, erica, alloro, olivastro. Il quercus ilex è una delle due specie di querce che caratterizzano l’area mediterranea, e l’ altra è la sughera, o quercus suber. Il leccio si ritrova più diffusamente nelle aree interne, mentre la sughera è maggiormente diffusa in vicinanza del mare.
E’ possibile vedere macchie di lecci nei valloni che incidono le pendici del Poro e scendono verso la costa tropeana.

È una pianta mediterranea antichissima, le cui ghiande, dolci e commestibili, erano molto apprezzate fino ai tempi più remoti, e servivano sia per la preparazione del pane di quercia, sia erano un ottimo alimento per gli animali. Il leccio fu considerato da diversi popoli, Etruschi e Romani, albero felice o divinatorio, infatti molte foreste di leccio erano luoghi sacri. Ai tempi di Roma si credeva che il leccio fosse una pianta oracolare perché attirava i fulmini. Ma poi fu considerato un albero adatto ai funerali, perché i boschi di lecci ispiravano un’ aria triste, erano boschi impenetrabili, e rappresentavano una sorte di confine tra mondo degli umani e quello soprannaturale, che non poteva essere varcato.
Il leccio presenta foglie ovali e lanceolate, di lunghezza che arriva fino a 8 centimetri e una consistenza dura, coriaceacon un margine dentato, ma anche liscio, di colore verde scuro. I suoi frutti sono ghiande lunghe fino a 3 centimetri, e quando maturano, nella stagione autunnale insieme ai fiori, assumono un suggestivo colore marrone scuro e striato.